un venerdì anonimo e piovoso mi regala uno dei concerti più intimi, familiari e giocosi a cui abbia mai assistito.
Scarda è inaspettato e ruvido come il suono del suo nome.
E’ pieno di contraddizioni: scrive canzoni d’amore, non chiamandolo quasi mai per nome; ha una voce aspra e corposa come una birra scura mentre canta di fragilità ed insicurezze; suona “solo” la chitarra ed un’armonica a bocca per produrre una melodia ricca e per nulla minimale.
Nei testi, le grandi domande, talvolta cariche di rabbia, sono accennate; i personaggi sono tratteggiati con il gesso sulle pietre della spiaggia; i particolari, invece, sono ad altra risoluzione, come il ghiaccio che gracchia nel te alla pesca poggiato su un tavolo di un bar, in un pomeriggio afoso.
La memoria è un tema ricorrente, addolcita dalla distanza curativa del tempo che toglie molto, ma regala la consapevolezza ed una luce nuova per illuminare la propria storia, come nella splendida il suo bene, che parla di un amore finito, raccontato con il filtro vintage.
Tra le righe, dentro le note, sembra tracciarsi unico fil rouge: il contrasto, ancora una volta, tra un passato, ricordato con nostalgia o con amarezza ed un futuro che a volte spaventa ed a volte esalta.
I piedi sul cruscotto è un album pieno, leggero, efficace. Consigliato.
Scarda, 25 novembre 2016, Libreria Colapesce
Sara Di Bella