“ma io sono fiera del mio sognare
di questo eterno mio incespicare”
(F. G.)
In campagna c’è un grande gelso che porta il nome di mio nonno.
Ho passato lì la domenica, tra cibo, malvasia, discorsi pacati e Niccolò Fabi in cuffia.
Ho raccontato al mio nonno-albero che ho trent’anni e mi pare strano avere l’età dei miei cugini grandi e non essere grande, neanche un po’.
Che ho voglia di giocare, costruire e demolire, cambiare strada, sfidare il caso che crea gli incontri per poi separarci, che dissemina indizi che aprono piste nuove ed amplifica domande senza risposta.
Voglio saltare sulle mie certezze, come quando da piccola entravo in acqua, con i suddetti cugini grandi, quando c’erano i cavalloni.
Ho detto a nonno- albero che non sono diventata come immaginavo di essere quando avevo sei anni, ma che questo misto di forza e fragilità che sono adesso mi è decisamente più simpatico di qualunque idealizzazione.
Il vento ha scosso i rami, forse nonno Nino ha sorriso.
Sara