Giorgio Poi sale sul palco con puntualità, insolita per questi casi, ed un cappellino con visiera.
I testi sono quelli allucinati e sconnessi dell’indie, per lo più rivolti ad una “lei” a cui quasi sempre non si riesce a comunicare quello che si vorrebbe. Credo che l’eredità che Giorgio Poi raccolga dal cantautorato -oltre a qualche citazione di De Gregori, Dalla e compagnia che scivola tra le parole- sia proprio questa incomunicabilità e soggettività del sentire, che raggiunge a volte una sorta di straniamento alla Ivan Graziani. Si aggiunge una dizione particolare che insiste su alcune parole rispetto ad altre, creando musicalità, ed un timbro pulito, ma secco ed aspro.
Il tutto accostato a basi musicali ricche, psichedeliche e ritornellistiche, che unite al cappellino di cui sopra ed all’aria estremamente gggiovane, rendono questo progetto un’insolita forma di indie allegro e leggero.
Apprezzabili anche gli intermezzi musicali che ricordano le jam sessions, con due ottimi musicisti sul palco e l’ausilio del fonico e le due cover “Il mare d’inverno” della Bertè e “Ancora, ancora, ancora” di Mina/Malgioglio, come lui stesso ha ricordato.
Brani impegnativi, legati a due figure femminili iconiche e quindi difficili, ma resi in modo piacevole.
Un miscuglio di echi e stili provenienti da epoche diverse, riletti in chiave originale.
Giorgio Poi, Retronouveau, 6/01/2018.
Sara Di Bella